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L'Ecologia profonda e l'Ecologia del paesaggio
La Landscape ecology (Ecologia del paesaggio) nasce nel secolo scorso, prevalentemente ad opera dei geografi che, in questo periodo si accorgono dell’importanza, nello studio del territorio, delle configurazioni spaziali che gli ecosistemi assumono nel territorio.
L'Ecologia del paesaggio è particolarmente adatta ad essere impiegata nella pianificazione e gestione del territorio perché è l’unica delle ecologie che riconosce un’importanza fondamentale alla dimensione spaziale e cioè alle modalità di localizzazione, distribuzione e forma degli ecosistemi. La dimensione spaziale è infatti direttamente relazionabile ai processi che avvengono nei sistemi territoriali : ad esempio un bosco compatto di forma allargata costituisce un habitat ben diverso da un altro di analoga superficie e con le medesime caratteristiche floristiche, ma con forma allungata e frammentata.
La forma degli elementi paesistici influisce sulle funzioni e viceversa : forma e processo sono aspetti indivisibili di un unico fenomeno, quindi gli studi di Ecologia del paesaggio interessano la struttura del paesaggio (costituita dalla distribuzione spaziale degli ecosistemi e dalle loro forme), le funzioni (che hanno a che fare con tutto ciò che si sposta all’interno del mosaico ambientale sia in termini biotici che abiotici), le trasformazioni nel tempo.
L'Ecologia del paesaggio si inserisce quindi come la disciplina che studia le aggregazioni di ecosistemi (sistemi di ecosistemi) : questi costituiscono il paesaggio, entità che assume caratteristiche diverse dalla somma delle caratteristiche degli ecosistemi che lo compongono. Infatti il paesaggio è considerato come la risultante di tutti i processi (sia antropici che naturali) che avvengono in un mosaico complesso di ecosistemi.
La differenza tra gli studi tradizionali sul paesaggio percepito e quelli di Landscape ecology, sta nel fatto che i primi sono rivolti a evidenziare principalmente gli aspetti culturali ed estetici, conferendo al paesaggio un valore prettamente antropico, mentre i secondi si occupano dello studio delle caratteristiche di distribuzione e forma degli ecosistemi naturali e antropici presenti al fine di comprenderne strutture, processi e significati.
La comprensione di strutture e processi è alla base di ogni valutazione ambientale, che deve esser in grado di fornire risposte a domande del tipo: quali interazioni ammettono i processi esistenti e potenziali? Qual è la capacità portante del territorio e quale la potenziale risposta alle perturbazioni ?
Il vero problema, per quanto riguarda la gestione dell’ambiente, non è quello di suddividere il territorio in aree di dominio antropico ed aree di dominio naturale, ma di capire quali attività antropiche e quali attività naturali siano di reciproco interesse, quali compatibili, e quali incompatibili con l'esistenza degli habitat presenti, per poi individuare trasformazioni in sintonia con le possibilità evolutive del sistema considerato.
Più ci si avvicina al limite sostenibile, più aumentano le probabilità che gli equilibri territoriali si spezzino e il prezzo del riequilibrio e del recupero delle risorse ambientali perse, ammesso che sia possibile, diventa onerosissimo sia in termini economici che di tempo.
Si rendono allora necessarie nuove metodologie di valutazione per capire ciò che vale, ciò che è funzionale al mantenimento degli equilibri, ciò che può essere trasformato e come.
Tali metodologie sono applicabili allorchè venga accettata l'ipotesi che l'uomo non sia un'entità esterna ed estranea al mondo naturale, ma ne faccia parte come tutte le popolazioni che interagiscono con l'ambiente in cui vivono. la capacità della landscape ecology di studiare in un solo momento il paesaggio antropico e quello naturale come parti di un unico sistema diversificato, permette un approccio ai problemi territoriali in grado di superare la tradizionale conflittualità che vede le istanze antropiche in opposizione alle esigenze dei sistemi naturali ; ciò offre l’opportunità di soluzioni integrate a volte innovative.
Considerando infatti il paesaggio come sistema di ecosistemi naturali ed antropici interagenti, l'Ecologia del paesaggio tiene conto dei molteplici processi che vi avvengono, delle loro interazioni e delle esigenze gestionali, basandosi sul principio che "gli elementi naturali mantengono in equilibrio gli ecosistemi antropici e alcune attività umane contribuiscono alla stabilità e alla sopravvivenza di popolazioni e di ecosistemi naturali". funzioni antropiche e naturali non vanno quindi contrapposte, ma bilanciate ed insieme devono tendere all'equilibrio possibile.
L'Ecologia del paesaggio fornisce inoltre principi di riferimento, criteri e metodologie di analisi, valutazione, diagnosi, controlli, idonei strumenti scientifici e tecnici quali indicatori e modelli, e si pone come un’importante disciplina di riferimento per molti settori applicativi quali la pianificazione territoriale alle diverse scale spaziali, le analisi ambientali, la valutazione d’impatto e gli studi di compatibilità ambientale, i progetti di conservazione della natura e di recupero ambientale.
Per ognuno dei campi di intervento è prevista una metodologia di studio particolare che prevede l’impiego di indicatori ecologici atti a evidenziare e misurare le caratteristiche strutturali e funzionali del paesaggio a diverse scale spazio-temporali.
Ciò consente di:
effettuare sintesi diagnostiche significative,
individuare e quantificare le trasformazioni territoriali necessarie e compatibili, comprese la stima delle capacità portanti e l’individuazione delle soglie critiche di trasformabilità del paesaggio,
fornire linee guida per la progettazione degli interventi, basate su principi e criteri scientifici,
simulare scenari evolutivi diversificati per comparare diverse alternative,
controllare le trasformazioni proposte.
Fonte:
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